Lo Stretto contro il ponte: «Non si farà mai»
di Lidia Ginestra Giuffrida - Quello di sabato è stato un pomeriggio caldo a Messina, non per il sole ma per l’entusiasmo e la partecipazione che a piazza Cairoli erano tangibili già dalla tarda mattinata. È lì che si attendeva il corteo nazionale contro il ponte sullo Stretto. Verso l’ora di pranzo sono iniziati ad arrivare i primi pullman da Palermo, Catania e Milazzo e poi quelli traghettati da Reggio Calabria.
Intanto i bar della piazza erano affollati dai messinesi. Sui tavoli l’argomento principale era sempre lo stesso: pro e contro il collegamento terrestre con il continente. Tra i residenti della città c’è ancora chi sogna i posti di lavoro promessi, insieme al ponte, ormai più di venti anni fa. Altri invece sottolineano la non fattibilità del progetto. «Qui tira sempre vento, non potrebbero mai realizzare due binari ferroviari sospesi sul mare», dice un signore durante una discussione con un amico. Loro non verranno al corteo, come altri abitanti della città che si limitano a commentare con la tagliente ironia siciliana di chi ha visto passare dalla propria finestra fiumi di promesse.
ALL’INTERNO del movimento No ponte, invece, sono mesi che si parla di questa data. Dopo il successo del corteo dello scorso agosto, quello nazionale di ieri ha richiamato a Messina migliaia di persone da tutto il Sud della penisola. Una data storica, quasi come quella del 2006 che vide più di 10mila persone sfilare per le strade della città. A incentivare il desiderio di scendere in piazza probabilmente sono state le ultime vicende legate al progetto dell’«ecomostro sullo stretto», come lo chiamano alcuni attivisti climatici.
Il ministro di Infrastrutture e trasporti Matteo Salvini, dopo aver approvato un progetto vecchio di undici anni (lo stesso avallato da Silvio Berlusconi nel 2011), ha aumentato i fondi: altri 370 milioni (soldi pubblici) per un totale di 15 miliardi. Il piano è ancora di massima, lontano quello esecutivo. Per questo e per le sue incongruenze si stima che per iniziare i lavori ci vorrà molto più tempo di quello dichiarato dal ministro.
SECONDO SALVINI, infatti, la costruzione del ponte dovrebbe iniziare la prossima estate, tempistica che suona più come propaganda in vista delle europee che come scadenza effettiva. «Il ponte non c’è e non ci sarà. Il problema sono tutte le opere complementari che verranno fatte e che impattano sul territorio», dice Antonio Mazzeo residente a Messina e da anni attivo nella battaglia contro l’infrastruttura. In testa al corteo lo striscione recita: «Lo Stretto non si tocca». A reggerlo c’è anche Mimmo Lucano.
Poco più indietro lo spezzone studentesco, con alcune bandiere della Palestina e della pace. Insieme ai siciliani hanno sfilato anche tanti calabresi per un totale, secondo gli organizzatori, di 12 mila persone. Tra loro il consigliere regionale calabrese Ferdinando Laghi, eletto con la lista De Magistris Presidente, dichiara: «Oggi è importante essere qui per sottolineare che non si tratta di scegliere se lasciare le cose come stanno o spendere più di 13 miliardi di euro per il ponte, ma di capire come investire in maniera utile quei soldi».
A MESSINA c’erano esponenti del Pd, del M5S e di Sinistra italiana. E poi Europa Verde con il co-portavoce Angelo Bonelli e Sinistra italiana. Non tutti hanno gradito la presenza dei partiti: durante un’azione dimostrativa alcuni studenti hanno imbrattato, insieme alle foto di Meloni, Salvini e Berlusconi, anche il simbolo dei dem e quello dei pentastellati.
Benvenuti e molto numerosi, invece, gli spezzoni di Legambiente e Wwf. «Possiamo dire che questa piazza è una dichiarazione d’amore nei confronti della bellezza di questo posto, della storia e dell’identità del luogo. Vuole essere da un lato un monito dall’altro una risposta», dice Gaetano Benedetto, presidente del centro studi del Wwf. Verso le 18 il corteo è giunto a piazza Duomo dove si è concluso. Dal palco sono stati fatti diversi interventi tra cui quello di padre Alex Zanotelli che ha ricordato come solo attraverso i movimenti popolari possa nascere la speranza.
AL TERMINE della mobilitazione la gente si è dispersa. Qualcuno è tornato a Catania, altri a Palermo o Siracusa: tutti hanno dovuto affrontare ore e ore di macchina in strade ancora vecchie e dissestate. Quelli che sono andati a Reggio Calabria hanno impiegato sicuramente meno tempo di chi da Messina è tornato in altre città dell’isola. Nonostante la mancanza del ponte. Fonte: il manifesto