Di Edg - Pesante condanna per i fratelli Giuseppe e Claudio Barbera, coinvolti in una inchiesta della Guardia di Finanza di qualche anno fa su un caso di bancarotta fraudolenta legata al fallimento dell’impresa “Italgeo Srl”, società che operava nel settore dei sondaggi e trivellazioni. I due imprenditori sono stati ritenuti colpevoli dalla Prima sezione penale del Tribunale di Messina (presidente, Grimaldi, giudici Crisafulli e Di Fresco) che ha emesso la sentenza il 28 novembre scorso.
Il Tribunale ha condannato Giuseppe Barbera alla pena di 8 anni di reclusione (oltre al pagamento delle spese processuali e di mantenimento durante la custodia cautelare), mentre ha condannato Claudio Barbera alla pena di 5 anni e 4 mesi di reclusione (oltre al pagamento delle spese processuali).
Entrambi sono stati dichiarati inabilitati all'esercizio di un'impresa commerciale ed incapaci ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa per la durata di 5 anni per Giuseppe Barbera e di 2 anni per Claudio Barbera. Entrambi, infine, sono stati dichiarati interdetti in perpetuo dai pubblici uffici e in stato di interdizione legale per la durata della pena.
I giudici hanno poi assolto Giuseppe e Claudio Barbera da alcuni capi di imputazione (D e F e G perchè "il fatto non sussiste").
Assolti da tutte le accuse invece gli altri imputati: Gianfranco Alessandro, Aurelio Micali, Maria Leonardis, Antonino Scopelliti, Gaetano Piraino, Gaetano Massimiliano Salamone e Francesca La Rosa.
Ordinata dalla Corte la confisca dei conti correnti, del patrimonio aziendale, delle quote di capitale e delle azioni della GE.A.P srl, della PROGETTOGRAFICA srl e della GEOTECNICA srl sottoposte a sequestro il 23 marzo 2017. Dichiarata infine la perdita di efficacia del sequestro dei conti correnti intestati alla TEKNOGEO srl, dell'intero complesso del patrimonio aziendale, delle quote di capitale e delle azioni dell'impresa e l'immediata restituzione agli aventi diritto.
Il processo era iniziato il 18 gennaio del 2018. Hanno difeso gli avvocati Carmelo Vinci, Manuela Mancuso, Sebastiano Gentile, Candeloro Olivo, Aldo Lombardo, Francesco De Domenico, Enza De Rango, Valter Militi, Gaetano Gemelli, Giovanni Claudio Maggio e Giuseppe Alvaro.
L'INCHIESTA.
Una ragnatela economica di società collegate. Nove indagati. Un caso di bancarotta fraudolenta legata al fallimento dell’impresa “Italgeo Srl” che ha trascinato altre ditte nel vortice giudiziario. Una sistematica sottrazione di beni e denaro, per circa due milioni di euro, prima che l’impresa, coinvolta a suo tempo in lavori di rilevanza nazionale e internazionale, venisse dichiarata fallita. Un’evasione fiscale per circa 5 milioni e mezzo di euro. E poi una serie di sequestri di beni alle imprese Teknogeo Srl, Progettografica Srl, e Geotecnica Srl. È tutto questo l'inchiesta gestita all'epoca dal sostituto procuratore Antonio Carchietti, che registrò l’emissione di una corposa ordinanza di custodia cautelare siglata dal gip Salvatore Mastroeni.
Gli indagati.
Il 9 ottobre del 2017 i nove indagati per i quali il sostituto Carchietti aveva compiuto accertamenti, furono rinviati a giudizio, soggetti tutti rientranti nell’orbita economica della Italgeo Srl, sia in prima persona sia per partecipazioni azionarie a cessioni di rami d’azienda, oppure per prestazioni lavorative singole effettuate a favore dell’impresa o società collegate.
Si tratta di Gianfranco Alessandro, Claudio Barbera, Giuseppe Barbera, Francesca La Rosa, Maria Leonardis, Aurelio Micali, Gaetano Piraino, Massimiliano Gaetano Salamone e Antonino Scopelliti. Per questi nove indagati il gip Mastroeni, rispetto alle richieste della Procura, aveva deciso misure restrittive per cinque: per l’imprenditore Giuseppe Barbera, («ha il ruolo centrale, apicale in tutta la vicenda»), aveva deciso il carcere in relazione a sei capi d’imputazione, per il momento tramutato in arresti ospedalieri visto il suo ricovero in una clinica privata; per il figlio Claudio Barbera deciso l’obbligo di dimora a Messina in relazione a quattro capi d’imputazione; l’imprenditore Aurelio Micali agli arresti domiciliari per un capo d’imputazione; Gianfranco Alessandro subì l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria due volte alla settimana per un capo d’imputazione; e infine Antonino Scopelliti subì il divieto di esercitare attività imprenditoriale per un anno, in relazione a un capo d’imputazione.
La vicenda.
Ha radici lontane l’inizio degli accertamenti da parte della Procura e della Guardia di Finanza in questa vicenda, e scaturisce sostanzialmente dalla allarmante relazione del curatore giudiziale della Italgeo Srl, che fu dichiarata fallita con sentenza dichiarativa del tribunale il 13 febbraio 2015. Su questo primo step si sono poi innestati altri due elementi fondamentali, ovvero la consulenza della Procura decisa dal pm Carchietti e gli accertamenti economico-finanziari delle fiamme gialle.
Scrive per esempio il gip Mastroeni nel suo provvedimento che: «... nel caso di specie è pienamente confermato dall’attivismo del Barbera Giuseppe, documentato dalle intercettazioni, per gestire denaro e beni nel modo migliore, sempre nell’ottica di sottrarre i beni al fallimento, anche con riferimento a possibili azioni revocatorie».
Ed ancora un altro passo: «Ciò, unitamente alla gravità, numero e durata nel tempo di condotte di reato, consente di ritenere sussistenti i requisiti della attualità e concretezza (divenuto doverosamente elemento preliminare di valutazione, almeno quando non ve ne sia a evidenza immediata) del rischio di reati della stessa specie, anche se la maggior parte dei reati accertati è consumata dal 2000 al 2007, essendovi poi l’operare in altre ditte con i fondi “spogliati” alla società fallita a in un ibrido di nomi ed attività che risulta in gestione fino al 2016».
Le cessioni d’azienda.
Oltre all’attività distrattiva per diverse centinaia di migliaia di euro, precedente il fallimento, secondo la Procura si sarebbero registrate alcune cessioni di rami d’azienda sospetti, comprensivi anche del parco mezzi, per ditte che erano però sempre riconducibili a Giuseppe Barbera.
Scrive sul punto il gip Mastroeni: «Le conclusioni peritali evidenziano i gravi indizi emergenti da condotte univocamente volte ad un uso spregiudicato di una serie di aziende, tutte sostanzialmente facenti capo al Barbera, con utilizzazione della posizione imprenditoriale rilevante della “Italgeo srl” ma nel contempo con la distrazione continua di soldi e mezzi, stornandone le utilità e occultandole nei conti personali o in ricavi con altre ditte. La Italgeo è, senza apparente ragione economica, che non fosse assorbirne individualmente gli utili, abbandonata ad un fallimento in cui ovviamente si cura che i creditori non trovino utile. Tale attività è delittuosa, ed integra, nelle varie voci già esaminate, le fattispecie contestate, apparendo la analitica indicazione dei comportamenti reato esposta nei capi di imputazione, accertata documentalmente tramite le verifiche e la ricostruzione dei consulenti. A partire dal 2007, la società “Italgeo srl” ha pertanto iniziato a rinunciare (cedendoli) ai principali asset imprenditoriali, consistenti in alcuni rilevanti appalti. Precisamente, nel mese di maggio 2007, la società ha ceduto tutti gli appalti in corso ed anche le partecipazioni a gare, oltre ad alcuni beni strumentali. I cessionari sono la ditta Scopelliti e la società Teknogeo Srl. La ditta Scopelliti ha acquistato il ramo d’azienda per l’importo (apparente) di euro 30mila, occultando il pagamento di un maggior prezzo che ammonta ad euro 100mila. La società Teknogeo srl ha acquistato il proprio ramo d’azienda senza effettuare alcun pagamento. Pertanto, la Italgeo srl ha svuotato la propria azienda con i due atti di cessione suindicati. Inoltre, la società Italgeo srl ha, dal 2007, finanziato l’attività della società Ge.a.p. srl, società direttamente controllata da Barbera Giuseppe, noleggiando beni strumentali ulteriormente sub-noleggiati dalla Geap srl. I proventi dei sub-noleggi sono stati successivamente utilizzati anche per pagare debiti di Italgeo srl, confermando la sostanziale continuità ed unicità di gestione con più soggetti».
I retroscena.
La figura centrale - spiegava il gip nella sua ordinanza - è quella dell’imprenditore Giuseppe Barbera, amministratore fino al fallimento della Italgeo Srl. Scriveva il magistrato, dopo aver esaminato la relazione del curatore fallimentare e la consulenza della Procura, che «Emergono i due dati salienti e reciprocamente contraddittori della vicenda, un “tessuto di relazioni” ed il volume di affari riconducibile all’impresa “Italgeo Srl” di rilievo assoluto rispetto al quale solo prelievi privati e cessioni pagate non alla ditta ma a Barbera spiegano le passività, e, d’altro lato, in realtà illecito coerente agli altri illeciti, carenze, omissioni ed irregolarità connotanti le scritture contabili».
Sul piano poi dei subentri d’azienda il gip poneva l’attenzione sulla cessione a beneficio della Teknogeo Srl, gestita da Micali: «I subentri sopra elencati sono massimamente indicativi di una sostanziale “continuità di interessi” tra “Italgeo Srl” e Teknogeo. Siamo infatti dinanzi ad una “mera” cessione di ramo aziendale ad altra società: atto che ordinariamente non determina il subentro in organismi associativi. Ciò fa intendere un interesse specifico di Barbera Giuseppe nell’accreditare la Teknogeo srl».