Mafia: Carmelo Vito Foti e’ al 41 bis
Su richiesta della Direzione nazionale antimafia, il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha applicato il regime detentivo speciale previsto dall’articolo 41 bis, il cosiddetto carcere duro, nei confronti del boss della famiglia mafiosa dei “barcellonesi”, Carmelo Vito Foti, 56 anni. La misura è contenuta nel decreto notificato ieri a Foti nel carcere campano di Secondigliano, dove si trova rinchiuso.
Dagli elementi evidenziati dalla Direzione nazionale antimafia - ne dà notizia oggi Leonardo Orlando su Gazzetta del Sud - si attesterebbe l'inserimento di Carmelo Vito Foti nell'ambito del sodalizio criminoso di appartenenza «in modo radicale e con ruolo di responsabilità, da ritenersi costante, anche per l’assenza di ogni elemento in senso contrario, il suo collegamento con la parte dell'organizzazione operante all'esterno del carcere, collegamento – si legge ancora – che non è venuto meno per il solo fatto della detenzione». E per questo, in ragione della particolare posizione di responsabilità rivestita dal detenuto nell'ambito della organizzazione di appartenenza – la famiglia mafiosa dei “barcellonesi” collegata a Cosa nostra – e del “credito” dallo stesso posseduto, «può – si legge nel decreto – fondatamente considerarsi tuttora sussistente il legame con la medesima ed il ruolo rivestito all'interno di questa». Inoltre si sottolinea che la stessa associazione mafiosa locale «è tuttora operante sul territorio e dedita alla commissione di gravi delitti che pregiudicano l'ordine e la sicurezza pubblica». Ed è per questo – prosegue il decreto – che si “rende evidente” l'esigenza di applicazione delle misure maggiormente idonee al contenimento della pericolosità del detenuto».
Nelle premesse del provvedimento ministeriale si considera altresì – riguardo al territorio di Barcellona – che, «nonostante l'azione repressiva sin qui condotta ripetutamente nel corso degli anni, l'aggregazione delinquenziale in parola ha continuato e continua ad esercitare un asfissiante controllo del territorio della provincia di Messina nell'area barcellonese, condizionando l'agire delle pubbliche amministrazioni locali, anche grazie ad una diffusa rete collusiva, e lo sviluppo delle attività economiche private, poiché sottoposte ad una sistematica pressione estorsiva, con conseguente, attuale capacità di procurarsi ingenti capitali, utili anche al fine del sostegno delle figure criminali di soggetti rimasti o ritornati liberi, all'azione dei quali – oltre che all'influenza carismatica dei principali esponenti detenuti quali lo stesso Foti – deve ricondursi, secondo le acquisizioni informative disponibili, la direzione delle strategie criminali finalizzate a rinsaldare i vincoli di coesione interna dell'organizzazione, e la correlata rete di alleanze e complicità delinquenziali».
Nello specifico, per quanto riguarda Carmelo Vito Foti, dagli atti prodotti dalla Direzione nazionale antimafia, che ne evidenziano la presenza nell'associazione per delinquere per tutto il lungo arco di tempo delle indagini, il prestigio criminale di cui gode nel territorio barcellonese – come il “prestigio” ed i precedenti risalenti di tutti i soggetti di riferimento del Foti «all'interno dell'associazione mafiosa – nonché ancora la piena operatività del sodalizio mafioso di appartenenza e l'estensione dei legami di collusione e corruttivi tesi ad assicurarne l'impunità, costituiscono tutti elementi necessari del giudizio positivo, da formularsi al fine della applicazione delle sole misure idonee a prevenire che, nonostante la detenzione, lo stesso Foti possa continuare partecipare alla formazione dei processi decisionali rilevanti per la vita dell'organizzazione criminale, anche diramando, attraverso i residui canali di comunicazione con l'esterno».
Di parere contrario la difesa di Carmelo Vito Foti, che è rappresentata dall'avvocato Gaetano Pino, difensore del detenuto insieme all’avvocato Tino Celi. I due legali hanno subito anticipato di ritenere il provvedimento non legittimo e di conseguenza preannunciato che provvederanno all’impugnazione del provvedimento del Ministro della Giustizia.