Mafia Barcellona, beni confiscati a Domenico Ofria
Tre appartamenti, tutti nel comune di Barcellona, sono stati confiscati dal Tribunale di Messina al 52enne Domenico Ofria ritenuto affiliato a Cosa Nostra. I beni gli erano stati sequestrati dalla Guardia di Finanza nel gennaio di due anni fa. Ofria è stato condannato per associazione mafiosa, con sentenza definitiva, nell'operazione Mare Nostrum.
IL SEQUESTRO E' DEL 2021.
I Finanzieri del Comando Provinciale di Messina, nel gennaio del 2021, avevano dato esecuzione a due decreti di sequestro di beni, per un valore complessivo di stima pari a 1 milione di euro circa, emessi dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Messina, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia peloritana, nei confronti di DOMENICO OFRIA cl. 71. e di un altro pregiudicato di Giardini Naxos.
L’operazione costituisce l’esito di pregresse attività investigative di tipo economico-patrimoniale poste in essere dagli specialisti del Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Messina, con specifico riferimento all’aggressione dei patrimoni illecitamente accumulati nella provincia messinese, nei settori delle infiltrazioni mafiose nel tessuto dell’economia legale e dell’usura.
In particolare, l’attività svolta dalle Fiamme Gialle è consistita nella meticolosa ricostruzione del profilo soggettivo criminale dell'indagato Domenico Ofria, nonché nella puntuale individuazione del patrimonio, mobiliare e immobiliare, al medesimo riconducibile, direttamente e/o indirettamente, nel tempo accumulato in assenza di lecite fonti di reddito:
un patrimonio costituito da n. 3 unità immobiliari ubicate nella zona residenziale dell’area balneare di Barcellona Pozzo di Gotto.
In tale ambito, si acquisiva come Ofria risultasse già ampiamente noto alle cronache giudiziarie, in quanto coinvolto in diverse e rilevanti operazioni di polizia che avevano interessato la provincia messinese.
Nel dettaglio:
- il pregiudicato mafioso DOMENICO OFRIA cl. 71, di origini barcellonesi, emergeva nella nota operazione “MARE NOSTRUM” nel cui contesto, grazie anche al contributo offerto dai numerosi collaboratori di giustizia, veniva ritenuto elemento di spicco del sodalizio mafioso più noto come “clan dei barcellonesi”.
Sul punto, gli accertamenti svolti dai militari del G.I.C.O. permettevano di riqualificare quali illeciti i redditi da lavoro “apparentemente leciti” dallo stesso dichiarati, poiché rispondenti alla necessità di redistribuzione dei profitti derivanti da un’impresa individuale (intestata a prestanome) di fatto riconducibile al fratello SALVATORE OFRIA cl. 64, anch’egli inserito nel medesimo sodalizio barcellonese, seppur con maggiore autorità criminale.
Proprio le indagini all’epoca svolte permisero di ritenere tale attività imprenditoriale come inquinata in radice: una classica impresa mafiosa che si è avvalsa “della forza di intimidazione derivante dall’appartenenza mafiosa del suo effettivo titolare”, in grado di “sbaragliare la concorrenza, inserendosi in settori economici particolarmente proficui, quali quello dello smaltimento dei rifiuti”, nonché luogo in cui intervenivano “gli incontri tra i vertici del gruppo, propedeutici all’assunzione di decisioni strategiche per la sopravvivenza dell’associazione”.
La riqualificazione dei redditi percepiti così operata consentiva, quindi, di dimostrare una significativa sproporzione tra il tenore di vita mantenuto ed i redditi dichiarati, attribuendo tale differenza, secondo ipotesi investigativa, proprio ai profitti del reato di associazione a delinquere di stampo mafioso. Lo schema criminoso realizzato dai fratelli OFRIA costituisce, nella letteratura criminale, uno degli stratagemmi più diffusi per schermare i proventi illeciti dell’impresa criminale, fornendo una parvenza di liceità alla relativa fonte di reddito, che solo approfondite indagini di natura economico-finanziaria, core business della Guardia di Finanza, possono consentire di neutralizzare.