Verbali Amara, chiesto un anno e quattro mesi per Davigo: “Diffuse atti segreti e determinò Storari a commettere un reato”
Un anno e quattro mesi di carcere con la sospensione condizionale della pena. È la condanna chiesta dai pm di Brescia Donato Greco e Francesco Carlo Milanesi per Piercamillo Davigo, ex pm di Mani pulite ed ex membro del Consiglio superiore della magistratura, imputato per rivelazione di segreto d’ufficio.
L’accusa è di aver consegnato a varie persone – tra cui ex consiglieri di palazzo dei Marescialli, ma anche l’ex presidente della Commissione parlamentare Antimafia Nicola Morra – copie dei verbali d’interrogatorio in cui l’avvocato Piero Amara, faccendiere ed ex consulente dell’Eni, riferiva dell’esistenza di una presunta loggia massonica eversiva chiamata “Ungheria“, di cui avrebbero fatto parte importanti esponenti delle istituzioni, della finanza e delle forze dell’ordine. Davigo aveva ricevuto i verbali da Paolo Storari, il pm milanese che aveva ascoltato Amara e che lamentava una presunta inerzia da parte del suo superiore, l’allora procuratore capo Francesco Greco, nell’avviare le indagini. Per quelle dichiarazioni, ritenute inattendibili, l’avvocato è stato rinviato a giudizio per calunnia e autocalunnia, e il fascicolo aperto sulla base dei verbali, trasmesso a Perugia per competenza territoriale, è stato archiviato su richiesta della stessa Procura, così come il procedimento per omissione d’atti d’ufficio aperto a Brescia nei confronti di Francesco Greco. Storari, imputato insieme a Davigo, ha optato invece per il rito abbreviato ed è stato assolto sia in primo grado che in appello perché “il fatto non costituisce reato”.
Davigo “si erge a paladino della giustizia, per tutelare una legalità che a suo dire è stata violata. Ma l’unica legalità violata è quella nel salotto di casa, dove sono usciti dal perimetro investigativo atti coperti da segreto che dopo un po’ di tempo vanno a finire sui giornali“, ha detto durante la requisitoria il pm Donato Greco. Dopo essere stati diffusi, infatti, i verbali erano arrivati in forma anonima anche al Fatto e a Repubblica: per quella vicenda era finita sotto processo Marcella Contrafatto, ex segretaria di Davigo, poi prosciolta. "È lo stesso Davigo che determina Storari a commettere il reato", ha incalzato il pm, “è lui che lo rassicura sostenendo che su quegli atti il segreto non sia opponibile al Csm. Se gli avesse detto la verità, e cioè che nel 99% dei casi gli atti di indagine non vengono mai resi ostensibili al Csm prima della discovery degli stessi, Storari non avrebbe commesso il reato”.
Ma perché i verbali possano essere trasmessi a palazzo dei Marescialli “ci deve essere un interesse del Consiglio, invece Storari lamenta un’inerzia, di cui non c’è traccia se non nelle sue parole, su cui il Csm non ha voce in capitolo”. Non solo: i documenti avrebbero dovuto “passare da un canale ufficiale“, non essere consegnati “nel corso di un colloquio con un singolo consigliere del Csm nel salotto di casa sua e con la consegna di una chiavetta Usb”.