IL LIBRO SU LEA GAROFALO: Sebastiano Ardita, ”Rileggendo riforma Cartabia resto inorridito. Questo libro da leggere”
Giovedì 30 marzo è stato presentato presso la Feltrinelli di Catania il saggio inchiesta “Una fimmina calabrese, così Lea Garofalo sfidò la ‘Ndrangheta” (Bonfirraro Editore), scritto dal giornalista Paolo De Chiara con la prefazione del magistrato Sebastiano Ardita. Il libro racconta di Lea Garofalo, la 36enne uccisa e data alle fiamme il 24 novembre del 2009 per aver trovato il coraggio di ribellarsi alla ‘Ndrangheta denunciando la famiglia del suo ex, Carlo Cosco, con cui aveva avuto una figlia, la piccola Denise.
Ad inaugurare il dibattito, moderato dal giornalista Valerio Musumeci, l’intervento dell’avvocato Enrico Trantino. “Forse, quando si parla di mafia, molte persone non hanno nemmeno idea di cosa si stia parlando - ha detto Trantino - perché si tratta di un fenomeno subculturale. Oggi, la mafia si è evoluta diventando un potere che può essere esercitato da chiunque detenga una condizione capace di persuadere gli altri attraverso la prepotenza”.
Parole di apprezzamento per il lavoro svolto da Paolo De Chiara, sono state espresse anche dalla giornalista Laura Distefano che, spiegando la coesistenza tra mafie e mondo femminile, ha detto: “Oggi le donne hanno un ruolo fondamentale all’interno della mafia, ma ce ne sono tante altre che hanno un ruolo ancora più importante anche fuori”.
Al commento di Distefano si è aggiunta anche l’analisi del magistrato Sebastiano Ardita. Attraverso la tragica storia di Lea Garofalo, Ardita ha evidenziato quello che oggi, nonostante tutto, ancora non funziona all’interno del sistema istituzionale e andrebbe per questo denunciato, anche attraverso la letteratura. “In questi giorni sto leggendo la riforma della giustizia Cartabia e sono rimasto inorridito da alcuni aspetti che ho dovuto verificare, soprattutto quelli che riguardano l’utilizzo della giustizia riparativa - ha precisato Ardita -. La giustizia riparativa doveva essere una fase delicatissima relativa all’esecuzione della pena. Da un lato, doveva aiutare la vittima a superare il danno subito, dall’altro, il colpevole al reinserimento nella società. Tuttavia, attivare i meccanismi riparativi previsti dalla riforma della giustizia Cartabia è una follia - ha fatto notare Ardita -. "Assurdo pensare che il primo atto che viene comunicato ad una persona indagata per estorsione e associazione mafiosa, riguarda la possibilità di poter incontrare la vittima e parlarci. Parlare di cosa?” - prosegue - "Io penso che se le persone che hanno il compito di costruire i sistemi penali leggessero libri come questi, oggi, non ci sarebbero riforme come quella della Cartabia. Quindi, ben vengano libri come questi”.
Parlando di un Paese “strano”, dedito alle commemorazioni e al “commettere sempre gli stessi errori”, il giornalista e autore del libro “Una fimmina calabrese”, Paolo De Chiara, ha ricordato che “le persone vanno tutelate quando sono in vita”. Si tratta infatti di “un Paese che vive una trattativa Stato Mafia perenne - ha sottolineato De Chiara -. Un Paese dove i giornalisti raccontano del boss Matteo Messina Denaro come un ‘femminaro’ ma dimenticano di chiedere in Parlamento dei suoi 30 anni di latitanza". Fonte: antimafiaduemila.com