L’OMELIA DI PADRE FELICE SCALIA PER L’EPIFANIA
Epifania: da epifainoimai/apparire, epifainès/visibile/apparso. Dunque “festa dell’apparizione”, “manifestazione della divinità”.
Il Bambino che è nato chi è? Che sarà di lui? Qual è la sua identità?
Posto qui, nel racconto matteiano, accanto alla sua nascita, questo problema richiederebbe una previsione quasi magica del suo futuro. In effetti chi è questo bambino si vede dall’uomo adulto, da come vive e da cosa fa Gesù di Nazareth. Per questo la prima generazione cristiana non si interessa dell’infanzia di Gesù. Totalmente assente dal Vangelo di Marco e del tutto trascurata da Giovanni a cui interessa, un alto “principio”, un’altra “archè”.
Gli esegeti non hanno dubbi: il racconto dei Magi (“maghi”, cioè “saggi stranieri”) non è un racconto storico. È una leggenda che esprime quello che la Chiesa celebra in questo giorno: l’Epifania, la manifestazione del Signore a tutte le genti della terra.
Gesù non è patrimonio del Cristianesimo o della Chiesa.
Gesù è patrimonio dell’umanità. Lui è anche di coloro che non lo conoscono. E di coloro che non credono in lui.
Gesù è un bene universale, che supera le frontiere ed i credo di tutte le religioni.
Perché il cristianesimo non è una religione. Il cristianesimo è un “progetto di vita”: il progetto dell’onestà, della rettitudine, del cuore buono, della solidarietà. Ossia, tutto quello che ci unisce tutti e ci rende uguali a tutti.
Questo ci dà senso per questa vita. E dà speranza di un’altra vita senza fine.
Se questo racconto dei Magi non ha valore storico, ci interessa come parabola della vita.
Qui infatti emergono con chiarezza varie cose di enorme importanza:
1) La frequente crudeltà del potere politico quando è assoluto e si sente minacciato.
2) La collaborazione che tante volte il potere religioso fornisce al potere dominante, certamente perché entrambi hanno interessi che sono loro comuni.
3) L’utilizzazione dei libri religiosi (in questo caso, la Bibbia) fatta dai sacerdoti e dai loro teologi per servire gli interessi del potere politico ed economico.
4) L’accanimento dei potenti con i deboli, così come Erode si è accanito senza pietà con Maria, Giuseppe ed il Bambino.
5) In generale, quelli che appaiono come i “deboli” hanno più capacità di pazienza e di resistenza dei “forti”, come Gesù ed i suoi genitori, per sopportare di più e meglio di Erode.
6) Il potere è cinico, bugiardo ed inganna su tutto quello che gli interessa, come Erode ha ingannato i Magi.
7) Alcuni strani “stranieri” (i Magi) con Gesù sono stati più generosi dei poteri politici e religiosi del suo popolo.
È importante rendersi conto che tutto questo continua a capitare nell’attualità, oggi, sotto i nostri occhi. E allora, si pone la scelta essenziale: adeguarci al mondo del potere, degli Erodi di oggi, a cui si piegano anche i Dottori della legge, cioè la religiosità del “pensiero unico”?
O scegliere un “progetto di vita” cristiano tipico dei “nepioi” (“piccolissimi”), dei fragili bambini, e della fragilissima cerchia della famiglia del “Manifestato”?
Papa Francesco per il capodanno diceva: «Se vogliamo davvero che il nuovo anno sia buono, se vogliamo ricostruire speranza, occorre abbandonare i linguaggi, i gesti e le scelte ispirati all’egoismo e imparare il linguaggio dell’amore, che è prendersi cura. Prendersi cura è un linguaggio nuovo, che va contro i linguaggi dell’egoismo. Questo è l’impegno: prenderci cura della nostra vita – ognuno di noi deve curare la propria vita –; prenderci cura del nostro tempo, della nostra anima; prenderci cura del creato e dell’ambiente in cui viviamo; e, ancor più, prenderci cura del nostro prossimo, di coloro che il Signore ci ha messo accanto, come pure dei fratelli e delle sorelle che sono nel bisogno e interpellano la nostra attenzione e la nostra compassione».
Un bel programma di vita “nuova” per (almeno) un “anno nuovo”. Non vi pare?