Sebastiano Ardita: Cosa Nostra utilizza la religione come strumento ratificante della sua forza
foto Edg -
Il consigliere togato del Csm sulla processione deviata per fare l’inchino al boss La Rocca. “Mafia più forte nelle zone meno raggiunte da attenzioni pubbliche”.
Sebastiano Ardita, magistrato catanese e oggi consigliere togato del Csm, ha rilasciato un’intervista al programma radiofonico “Tra poco in edicola” condotto da Stefano Mensurati su Rai Radio1 rispetto alla sentenza di ieri del tribunale di Caltagirone che ha visto la condanna di 39 imputati, per un totale di circa 80 anni di carcere, nel processo per tre deviazioni della processione del Venerdì Santo del 25 marzo del 2016 a San Michele di Ganzaria. La processione era passata davanti alla casa del boss “Francesco La Rocca per rendergli omaggio”, ha spiegato Ardita. “La Rocca è uno dei due capi di una famiglia di Cosa Nostra nella provincia di Catania, quindi personaggio di spessore che uscì dal carcere nel 2020 dopo vicenda del covid ma fu riarrestato e morì in carcere due anni fa”, ha ricordato il magistrato. Una figura come quella “nel contesto di quella che è la subcultura mafiosa, specialmente nei territori di provincia, fuori dai centri più importanti - ha spiegato il magistrato - ha ancora una sua forza e una sua capacità di influenza. La mafia è tutt’altro che sconfitta”, ha aggiunto. “Ed è ancor più forte nelle zone meno raggiunte dalle attenzioni pubbliche”. Questa, ha continuato il consigliere del Csm, “è una vicenda che denota una certa gravità perché fa comprendere come ci sia ancora un consenso di cui la mafia gode. Ed è un consenso legato al fatto che non si tratta soltanto di un fenomeno militare ma di un fenomeno che attiene a una modalità di intendere ai rapporti sociali, al rapporto fra pubblico e privato, una certa forma di paternalismo. E quindi anche una falsa concezione della religione come strumento aggregante”. La religione è utilizzata come “strumento che in qualche modo possa ratificare la forza di Cosa Nostra dentro la realtà territoriale”.
Una faccenda di questo tipo, a detta di Sebastiano Ardita, denota un insieme di fattori: dal consenso, alla convenienza, fino all’intimidazione di chi ha partecipato alla processione.
“Ci sono diversi livelli di adesione alla realtà criminale di Cosa Nostra. Esiste un livello da partecipazione diretta di alcune persone che ritengono che Cosa Nostra debba avere un ruolo, un riconoscimento pubblico. Poi ci sono persone che per paura sono silenti e poi ce ne sono altre che assistono passivamente a queste vicende. Quel che è certo è che quando ci sono strumenti di repressione come questo (il blitz che portò agli arresti e al processo, ndr), che sicuramente denotano che lo Stato è ancora presente, non sempre l’effetto finale è un effetto complessivamente positivo, perché esiste una dimensione nella quale noi dobbiamo penetrare se vogliamo comprendere e sconfiggere la mafia”, ha affermato.
A fine intervista, Sebastiano Ardita ha risposto a una domanda del conduttore rispetto alle estorsioni che affliggono molti imprenditori e commercianti in tutta Italia. “Oggi la gran parte dei commercianti ha capito che è più facile, denunciando, liberarsi di questo tipo di gioco piuttosto che aderire alla volontà di Cosa Nostra. Perché quella è una schiavitù che si perpetua nel tempo. Chi non paga e denuncia, nella quasi totalità dei casi, riesce a sottrarsi e a far arrestare i suoi estorsori. Questo è il messaggio che voglio lanciare”, ha detto Ardita.
“Certo può capitare che si viva con la paura della vendetta, ma è molto più facile essere oggetto di violenza da parte di Cosa Nostra se poi si comincia a pagare. Ed è difficile interrompere questo flusso di finanziamento. Conviene stare dalla parte dello Stato”.