Interrogazione parlamentare del M5S sulla ‘semilibertà’ all’assassino di Graziella Campagna
“Abbiamo interrogato la ministra della Giustizia Marta Cartabia per sapere se conferma l’indiscrezione di stampa secondo cui Giovanni Sutera, l’assassino di Graziella Campagna, la 17enne vittima di un’esecuzione di mafia nel dicembre del 1985 a Villafranca Tirrena, sarebbe stato messo in libertà”. Lo dichiarano, in una nota, le parlamentari e i parlamentari del MoVimento 5 Stelle componenti della commissione Antimafia. “Il brutale omicidio – continuano – indignò l’opinione pubblica: Graziella, che lavorava in una lavanderia, fu giustiziata perché le capitò tra le mani un’agenda, dimenticata in un soprabito, appartenente a un boss latitante che conteneva dati e informazioni che dovevano restare segrete. Il drammatico evento ispirò anche una fiction con Beppe Fiorello andata in onda anni fa sulle reti Rai”. “Ora, considerata la delicatezza del caso, abbiamo chiesto alla ministra Cartabia quali iniziative, anche di carattere ispettivo o disciplinare, ritenga opportuno adottare per verificare la rispondenza al dettato normativo dell’operato della Magistratura di Sorveglianza. E’ fondamentale scongiurare il rischio della concessione e applicazione di benefici penitenziari in assenza dei presupposti di legge nei confronti di soggetti condannati per gravi fatti di mafia che, tra l’altro, non hanno mai intrapreso percorsi rieducativi”, concludono i parlamentari pentastellati.
Il testo dell’interrogazione.
Al Ministro della Giustizia - Per sapere - premesso che:
Si è appreso da fonti di stampa della recente decisione della Magistratura di Sorveglianza di Firenze di concedere la misura della semilibertà a G.S., condannato alla pena dell’ergastolo per l’omicidio di mafia di G.C..
Il drammatico fatto si è verificato il 12 dicembre 1985 a Villafranca Tirrena (Messina), dove durante la sua latitanza, insieme al complice G.A.Jr., G.S. assassinava brutalmente la giovane G.C., responsabile solo del fatto di avere scoperto del tutto casualmente e involontariamente, in un’agenda, tra gli abiti della lavanderia dove lavorava, l’identità di G.A., boss di mafia di cui G.S. era braccio destro.
Nel corso delle indagini e del procedimento penale definito con sentenza di condanna all’ergastolo dopo ben 24 anni, nonché negli anni successivi alla stessa, G.S. non ha mai dato un contributo all'accertamento della verità, non si è mai pentito né rieducato, avendo continuato ad avere un'inclinazione delinquenziale da cui sono scaturiti nuovi procedimenti penali.
Nel 2014, G.S., ha ottenuto, dapprima la semilibertà e l’anno successivo la libertà condizionata. Benefici penitenziari poi revocati per il suo coinvolgimento in altri procedimenti penali.
Nel 2009, G.A.Jr., anche lui condannato all’ergastolo per l’omicidio di G.C., ottenne benefici penitenziari per l’incompatibilità della detenzione con il suo stato di salute, provvedimento poi annullato dalla Corte di Cassazione chiamata a decidere il ricorso proposto dalla Procura Generale di Bologna che evidenziò la mancanza di perizie d’ufficio sulle effettive condizioni di salute.
La difesa delle parti civili sostiene che il suddetto beneficio sia stato concesso in assenza dei presupposti di legge -:
se il Ministro interrogato, nell’ambito della propria competenza, sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;
considerata la delicatezza del caso, se e quali iniziative, anche di carattere ispettivo o disciplinare, ritenga opportuno adottare per verificare la rispondenza al dettato normativo dell’operato della Magistratura di Sorveglianza di Firenze, onde scongiurare il rischio della concessione e applicazione di benefici penitenziari in assenza dei presupposti di legge nei confronti di soggetti condannati per gravi fatti di mafia.