L’AFFONDO DI FABIO REPICI: La questione elettorale o immorale di una città. O di una nazione.
di Fabio Repici - Giusto ieri un tale, davanti a un organismo che in teoria (molto in teoria) rappresenta il Parlamento italiano, minimizzava la figura di Rosario Cattafi, qualificandolo, come capita in giro a Messina ormai da qualche decennio, col ruolo, ovviamente falso, di «avvocato».
E figuriamoci. Manco a dirlo, che si vuole che sia, «l'avvocato Cattafi».
Giusto giorni fa pensavo a Rosario Cattafi. No, non ci pensavo per ragioni processuali, come può sempre capitare, quando meno ce lo si aspetta. No, non ci pensavo al riguardo di grossi scenari criminali, come può sempre capitare, quando meno ce lo si aspetta. No, non ci pensavo nemmeno al riguardo della guerra in Ucraina, come può sempre capitare quando si parla di traffici di armi.
Ci pensavo al riguardo del Teatro Vittorio Emanuele di Messina. E al riguardo di Renato Accorinti, incredibilmente sindaco di Messina nel tempo che fu. Effettivamente, tra le tante cose normali (cioè, straordinarie, tenendo conto che sto parlando di Messina e dell'Italia) che fece Renato Accorinti da sindaco del capoluogo peloritano, ci fu la resurrezione del Teatro Vittorio Emanuele, con la nomina di Maurizio Puglisi alla presidenza dell'ente teatrale, che poi portò come diretta conseguenza alla nomina di Ninni Bruschetta come direttore artistico.
Ci pensavo leggendo di un “grande nome” dell'attuale stagione del Teatro, Gianfranco Jannuzzo, che proprio di recente ha calcato il palco del Vittorio Emanuele. Nulla da dire, naturalmente, sulla notorietà artistica di Jannuzzo. E tutto sommato nemmeno sulle sue qualità attoriali.
Pensavo che in questo tempo sbandato probabilmente sarebbe difficile a Messina (e in Italia; e nell'Unione Europea; e nel mondo occidentale a conduzione “americana”) assistere a un concerto di una violoncellista russa, o alla presentazione del libro di Paolo Nori su Dostoevskij («Sanguina ancora», ed. Mondadori), o a una rappresentazione del Lago dei cigni, che è pur sempre del russo Ciaikovskij. Si finirebbe schedati sul Corriere come servi di Putin.
Invece, volete mettere Jannuzzo? Certo, a me – non me ne voglia l'attore di origine agrigentina – ha fatto pensare, quasi pavlovianamente (un altro russo, Pavlov: dev'essere un complotto!), che, se a Messina e in qualunque posto d'Italia essere russi o perfino appassionati di musica o letteratura russa è quasi una colpa genetica, essere amici di Cattafi, e Jannuzzo certamente lo è, rappresenta quasi un titolo di merito per deliziare gli spettatori del Vittorio Emanuele. Fra i quali - non è difficile immaginare - volete che non ci fossero Rosario Cattafi, la sua compagna, suo figlio, la compagna di suo figlio, eccetera eccetera eccetera?
Ecco, magari mi sbaglio, ma la presenza dell'amico di Cattafi (lo è: Cattafi fu testimone di nozze al matrimonio liparitano di Jannuzzo con Gabriella Carlucci; Jannuzzo nel 2008 davanti al pubblico di – nientedimenoche! - Castroreale rivendicò la sua storica amicizia con Cattafi) come grande protagonista al Vittorio Emanuele di questi tempi mi ha fatto pensare a come la Messina di questa campagna elettorale sia un luogo sideralmente lontano dalla città letteralmente liberata di quel 24 giugno 2013, quando nella tarda sera in piazza municipio festeggiammo l'elezione di Renato Accorinti, sindaco scalzo che cinque anni dopo dal palazzo municipale uscì ancora scalzo e pure con le mani pulite (caso antropologicamente eccezionale nell'Italia degli ultimi decenni).
Che angoscia, girare per la città in questi giorni o leggere le cronache (diciamo) politiche ed elettorali. C'è il candidato sindaco piazzato dal sindaco che se n'è scappato (Cateno De Luca, naturalmente) e che però compare nei manifesti del suo pupazzo elettorale (Federico Basile, pare si chiami, il quale, per rendersi ulteriormente indigeribile, ha ricevuto pure l'appoggio dell'ex Iena grillina Dino Giarrusso e del salviniano, diocenescansieliberi, Nino Germanà).
Poi c'è il candidato sindaco del centrodestra, Maurizio Croce, gran giocatore di biliardo, se non erro, quale sua migliore qualità politica. Poi c'è l'altro candidato sindaco del centrodestra (seppure proposto dal centrosinistra e dai grillini), Franco De Domenico, che, essendo candidato di centrodestra (con le insegne del centrosinistra e dei grillini), era presidente della banca Antonello da Messina (povero Antonello!).
Poi c'è un tizio candidato sindaco di non si sa chi, che si chiama Salvatore Totaro e che da quel che si legge (sarà così?) sembrerebbe un medico no-vax.
E infine c'è Luigi (Gino) Sturniolo, che, per dimostrare di aver capito tutto nella vita, è il candidato anti Accorinti, giacché nel 2013 fu eletto in consiglio comunale col sindaco scalzo, poco dopo iniziò a contestarlo e alla fine, con un guizzo geniale, si dimise, lasciando Accorinti in consiglio comunale in balia del centrodestra, dell'altro centrodestra, della destra e dell'estrema destra.
Ho l'obbligo morale di dichiararmi. A gennaio 2013, mi presi la responsabilità di esprimergli pubblicamente il mio sostegno, quando Renato Accorinti annunciò la sua candidatura. Profetizzai la sua elezione. Mi presero per pazzo ma ci azzeccai.
A pensarci bene, quando Renato fu eletto, Rosario Cattafi era al 41 bis: sembrava un momento fortunato per questo territorio, nell'intera provincia, dal punto di vista politico (a Barcellona Pozzo di Gotto era sindaco non Gullotti, non Cattafi, ma addirittura Maria Teresa Collica, pericolosissima incensurata di tendenze legalitarie e, non sia mai, perfino antimafiose!) e pure dal punto di vista giudiziario. Sembrava un territorio in cui, in coerenza con un sindaco onesto e addirittura scalzo, la giustizia si potesse immaginare uguale per tutti. Chissà se il segnale, non solo giudiziario, ma perfino politico, fu quando la Corte di appello di Messina scarcerò Cattafi, con un provvedimento esplicitamente ad personam, a dicembre 2015. Certo, di recente la Corte di appello di Reggio Calabria, in sede di rinvio, ha decisamente rimediato su Cattafi. Ma a dicembre 2015 la giustizia messinese diede quel pessimo (se è consentito) segnale, che forse era il preannuncio dei tempi nuovi in arrivo (e di ritorno). E che tempi!
Dopo la recente sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria, che ha confermato, con una motivazione particolarmente robusta, la condanna per mafia nei confronti di Cattafi, i tempi sembrano inclinare al dadaismo. Giorni fa, infatti, ho letto il ricorso per cassazione del difensore di Cattafi contro quella condanna e ho constatato – non ci volevo credere! – che fra gli elementi branditi in favore di Cattafi è stata citata, con grande enfasi, la relazione di maggioranza della Commissione antimafia della passata legislatura sull'omicidio di Attilio Manca (prima firmataria, Rosy Bindi, anche lei esponente di quel centrosinistra che si differenzia dal centrodestra non si sa quando e non si sa come ma soprattutto perché).
Effettivamente, può sembrare che quella di Renato Accorinti al tempo fu solo una parentesi. Come un raggio di sole che si rese visibile per poi sparire immantinente. Ma i migliori maestri della storia ci hanno insegnato che bisogna guardare all'evoluzione del mondo (e perfino di Messina) con il canone della “lunga durata”. E allora magari l'esperienza felice di Accorinti (il quale, lo ripeto pubblicamente per l'ennesima volta, da sindaco ha fatto un sacco di errori, ma è entrato nel palazzo di città scalzo e con le mani pulite e ne è uscito scalzo e con le mani pulite) è stato il sintomo di un futuro migliore che si vedrà in anni prossimi, speriamo non troppo lontani.
Intanto, però, l'obbligo morale di dichiararsi vale anche per le attuali elezioni. Comincio con la previsione. Sono certo di azzeccarci anche stavolta: in ordine alfabetico, vincerà il candidato sindaco del centrodestra Basile o il candidato sindaco del centrodestra Croce o il candidato sindaco del centrodestra De Domenico. Io, così come fu nel 2013 - quando, non essendo residente a Messina, potei solo appoggiare pubblicamente Renato, senza votarlo -, non voterò nessuno. Non essendo residente a Messina, questa volta ho una insuperabile scusa.
Buon voto, o non voto, a tutti.