Naso, revocata la confisca alle società dell’imprenditore Nunzio Ruggieri
di Giuseppe Lazzaro — La vicenda si riferisce al maxi-sequestro effettuato nel luglio del 2018 dalla DIA. Il provvedimento ablatorio che riguarda Nunzio Ruggieri era stato disposto dalla Sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Messina, sulla scorta della ritenuta natura illecita della provvista economica utile alla costituzione della società. La vicenda si innesca in un quadro più complesso che ha visto l’imprenditore di Naso destinatario, unitamente ai propri familiari, di altri provvedimenti di sequestro. A prevalere la linea difensiva dell’avvocato Decimo Lo Presti che ha assistito il Ruggieri in questa fase. Per quanto riguarda Giuseppe Ruggieri è stato destinatario in primo grado del provvedimento ablatorio, in quanto venne ritenuto che la sua azienda fosse riconducibile al padre. In verità è stato dimostrato nel giudizio di appello come la “Rugica srls” fosse stata costituita con fondi di assoluta lecita provenienza e, per tali ragioni, è stata revocata la confisca. Hanno assistito Giuseppe Ruggieri gli avvocati Decimo Lo Presti e Nino Favazzo.
Lo scorso 23 agosto la Direzione Investigativa Antimafia, su disposizione del Tribunale di Messina, aveva eseguito il provvedimento di confisca di un complesso societario per un valore di 500.000 euro nei confronti di Nunzio Ruggieri, imprenditore che opera nel settore della macellazione e commercializzazione del pellame. L’intero patrimonio confiscato all’imprenditore nasitano, in seguito alla sinergica attività investigativa svolta dalla DIA con la DDA, ammontava a circa 9 milioni di euro. L’ulteriore attività d’indagine, coordinata dal Procuratore aggiunto Vito Di Giorgio e compendiata nel provvedimento eseguito quattro mesi fa, aveva permesso di appurare che l’imprenditore aveva costituito, successivamente alla prima misura, un altro contesto societario con la finalità di eludere la normativa antimafia. Il soggetto colpito dalla confisca risulta storicamente legato ai sodalizi mafiosi nebroidei, anche per la sua vicinanza ad elementi di spicco della criminalità organizzata tortoriciana. La sua caratura criminale, riferibile ad una lucrosa e continuativa attività usuraria, è stata rilevata con sentenza di condanna della Corte di Appello di Messina del 2005, divenuta irrevocabile nel 2009. La vicenda traeva origine dalle illecite condotte poste in essere dal soggetto negli anni 1998/2000 nei confronti di un dipendente di banca che, in ragione della sua personalità facilmente condizionabile, aveva causato all’istituto di credito, presso cui era impiegato, un dissesto economico per circa 76 milioni del vecchio conio attraverso la negoziazione di tre assegni. Il predetto dipendente, nel tentativo di ripianare la situazione attraverso alcune “amicizie”, si rivolgeva a diversi soggetti, tra i quali anche il preposto, al fine di ottenere alcuni prestiti rilevatisi poi di natura usuraria. FONTE: Gazzetta del Sud