I fiumi di droga sulla movida di Messina e Taormina. I giudici decidono 4 condanne e un’assoluzione
Quattro pesanti condanne e un’assoluzione. Si conclude così il processo scaturito dall’operazione “Cafè Blanco” su un traffico internazionale di droga scoperto dalla Guardia di Finanza di Messina. La sentenza per il giudizio ordinario è stata pronunciata ieri pomeriggio dal collegio della prima sezione penale, presieduta dal giudice Rita Sergi, e riguardava i cinque imputati che a suo tempo in sede d’udienza preliminare scelsero il rito ordinario.
Le condanne
Quattro le condanne: Magalys Sanchez Hechevarria, 11 anni di reclusione; Desiree Angela Settipani, 10 anni e 2 mesi; Federica Di Grande, 6 anni e 9 mesi; Antonino Spinali, 6 anni e 9 mesi. Per la Sanchez Hechevarria è stata ritenuta la continuazione, gli altri tre hanno registrato la riqualificazione con l’ipotesi meno grave rispetto al traffico di droga, e gli ultimi due anche la concessione delle attenuanti generiche.
I giudici hanno poi assolto da tutte le accuse Pasquale Interlando, con la formula «per non aver commesso il fatto». Un’assoluzione parziale ha registrato anche Settipani («per non aver commesso il fatto»).
Le indagini
Tre anni fa, nel luglio del 2019, l’operazione “Cafè Blanco”, condotta dai finanziari del Gico del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Messina e coordinata dal procuratore aggiunto della Dda Vito Di Giorgio e dai sostituti della Dda Maria Pellegrino e Antonella Fradà – quest’ultima ha rappresentato l’accusa al processo -, aveva portato alla luce un’organizzazione criminale dai metodi quasi “cinematografici”: valigette con doppi fondi, droga nascosta tra i chicchi di caffè, documenti falsi, nomi in codice, traffico dalla “solita” Bogotà alla Sicilia, interessi a Malta, in Germania, in Olanda.
A luglio del 2019 dopo mesi di lavoro la Procura e il Gico della Guardia di Finanza chiusero il cerchio su un traffico internazionale di droga arrestando undici persone. Era un gruppo di trafficanti che ebbe la sua prima “scintilla” dietro le sbarre, nel carcere di San Cataldo, a Caltanissetta, dove nel 2014 entrarono in contatto quello ritenuto il capo della banda, il catanese Salvatore Alfio Zappalà, e il dominicano Carlos Ramirez De La Rosa, intermediario coi narcos colombiani, e il messinese Antonino Di Bella, punto di riferimento per i traffici in riva allo Stretto e per alcune consegne, tra le quali quella del luglio 2017 da cui partì l’inchiesta.
Erano “fiumi di droga” che dalla Colombia invadevano l’Europa, transitavano da Messina e, seguendo le “direttive” che giungevano da Catania, scorrevano nei locali della movida etnea, di Messina, di Taormina. Trovando un florido mercato anche nel Siracusano. E tutti i metodi erano buoni per trasportare la droga, tra valigette con doppi fondi e “sostanza” nascosta tra i chicchi di caffè. La droga arrivava in Italia dalla Colombia attraverso due intermediari: il dominicano Carlos Manuel Ramirez De La Rosa e la compagna Magalys Sanchez Hechevarria. Ramirez si “riforniva” con continui viaggi in Sudamerica, via Spagna, e proprio durante uno di questi fu arrestato all’aeroporto di Luque, in Paraguay, dove venne beccato sotto falso nome (utilizzava un documento falso, intestato a tale Remy Marlon Herrera Fischer), con quasi 8 chili e mezzo di cocaina, nascosti nel doppio fondo di una valigia. Il 35enne dominicano era già noto alle cronache. Era lui, infatti, il fidanzato della soubrette Maria Esther Garcia Polanco, una delle ormai famose “Olgettine”. Fonte: Gazzetta del Sud